Mauro Palma

Risposta alla Polizia penitenziaria

www.poliziapenitenziaria.it/  30 gennaio 2014

Scrivo alla Redazione della rivista on-line, intendendo così rivolgermi anche a coloro che hanno letto la lettera aperta che mi è stata indirizzata e, più in generale, a quanti nel condurre il proprio importante e complesso lavoro nella Polizia Penitenziaria hanno a cuore il mandato che esso racchiude nelle sue molteplici dimensioni: di tutela della sicurezza della società, di contributo essenziale alla corretta esecuzione delle pene legali, di garanzia dei diritti delle persone private della libertà.
Devo innanzitutto ringraziare per la fiducia nei miei confronti, espressa nella lettera. Ma, al contempo devo precisare che la Commissione per elaborare proposte in materia penitenziaria, costituita con decreto ministeriale il 13 giugno scorso, aveva un mandato strettamente connesso alla definizione di azioni secondo la linea indicata dalla Corte Europea dei diritti umani, nella sua sentenza del gennaio 2013 (la nota sentenza Torreggiani e altri c. Italia). Un mandato con termine il 30 novembre scorso, data in cui l'Italia doveva presentare il Piano d'azione per adempiere a quanto richiesto dalla Corte. La Commissione ha, quindi, consegnato un complessivo Rapporto al Ministro e tale elaborato, centrato sul modello di detenzione, è stato ripreso per punti e, unitamente a quanto elaborato come proposte normative da altre Commissioni, inserito in tale Piano. La Commissione ha così concluso il proprio lavoro. Ora il problema è quello dell'attuazione di queste linee e io ho attualmente l'incarico di seguire questo percorso, essendo stato nominato a tal fine Consigliere del Ministro.
Ho spiegato questi passi per precisare innanzitutto che, oltre a non essere stato assolutamente mio compito definire la composizione della Commissione, non esiste un'attuale possibilità di integrazione, giacché essa non è più operante. Inoltre, il processo di attuazione nonché l'individuazione di modalità per stabilire la necessaria cooperazione con chi opera nel sistema, restano responsabilità del Dipartimento per l'Amministrazione Penitenziaria e sono certo che verranno attuate le forme per il vero coinvolgimento degli operatori e, in particolare della Polizia Penitenziaria che ha un ruolo diretto nella gestione della quotidianità detentiva ed è in grado di cogliere aspetti che a chi, come me, esamina il sistema da un punto di vista più distante, possono sfuggire.
Chiarito, quindi, che a me non spettano responsabilità gestionali, ma solo di accompagnamento dei processi di trasformazione e di indicazione di soluzioni possibili, non mi sottraggo a esprimervi le mie valutazioni. Tralascio le valutazioni negative espresse nella lettera relative a chi ha attualmente responsabilità del Dipartimento che non mi trovano concorde, mentre colgo l'esigenza che condivido di come sia difficile operare in un settore così complesso, quale quello in cui opera la Polizia Penitenziaria, con la sensazione di essere "tra l'incudine dei problemi delle carceri e il martello dei provvedimenti calati dall'alto". Mi rendo conto che ci sia una chiara necessità di avere forme di comunicazione dei processi che si vogliono avviare, in modo tale da sentirsi sempre più accomunati da obiettivi condivisi, pur con i differenti punti di vista, le diverse opinioni e la varietà delle soluzioni da prospettare. Del resto, ribadisco quanto da me affermato nel mio breve commento sul sito e cioè che non esistono riforme che non prevedano condivisione degli obiettivi e miglioramenti per tutti coloro che sono "attori" del sistema che si vuole trasformare: gli attori sono in questo caso coloro che lavorano nel carcere, coloro che in esso sono per periodi più o meno lunghi detenuti, coloro che lavorano nell'area penale esterna e anche coloro che dall'esterno devono creare condizioni perché al carcere si ricorra solo in situazioni di ineludibile necessità.
Un processo condiviso sarà anche utile per coloro che, da cittadini, magari non toccati affatto dal sistema detentivo, devono comunque vedere il carcere come parte del proprio sistema sociale e non interessarsi a esso solo in maniera episodica e sensazionalistica.
Costruire la condivisione richiede comunque uno sforzo da parte di tutti costoro che ho prima elencato, riconoscendo con chiarezza gli aspetti che richiedono un radicale ripensamento, proprio perché tali aspetti non devono essere visti come errori o colpe di una sola parte del sistema, qualunque essa sia, ma come elementi di criticità che è obiettivo di tutti rimuovere, superare, cambiare. Un sistema che non funziona infatti non incide mai soltanto su una sua parte, ma sul suo complesso: così una situazione detentiva non dignitosa, sovraffollata e passivizzante, non incide solo sulle condizioni di chi è detenuto, ma anche e fortemente su quelle di chi in carcere lavora; e spesso celle fatiscenti sono l'altra immagine di fatiscenti alloggi o di mancanza di luoghi di aggregazione per i lavoratori.
Ripeto, non c'è miglioramento effettivo che non sia complessivo. Un utente del vostro sito, in suo messaggio in risposta al mio, ha scritto di non aver visto alcun miglioramento delle sue condizioni di lavoro: credo abbia ragione. Ma credo anche che il processo di cambiamento che abbiamo cercato di delineare nel Rapporto della Commissione anche se può inizialmente apparire come maggiormente oneroso per chi lavora, ha invece la potenzialità di essere, nel suo divenire sistema e non solo episodico, di maggiore soddisfazione anche per la Polizia Penitenziaria e di arricchimento della professionalità dei suoi operatori.
Naturalmente sono disponibile a discutere sia del progetto, sia delle mie opinioni che lo sostengono e anche questa lettera vuole essere l'apertura di un dialogo. Ferme restano la volontà di guardare in avanti e di saper riconoscere le cose che non vanno, senza offrire coperture, e agire insieme per cambiarle. Questo è quanto nei limiti della mia attuale funzione posso proporre con schiettezza e apertura.
Ricambio il cordiale saluto e rinnovo il ringraziamento per la lettera.
Mauro Palma

 

Lettera aperta al Presidente Mauro Palma: volete migliorare le condizioni delle carceri? Ascoltate la Polizia Penitenziaria
[www.poliziapenitenziaria.it/ 29.01.2014]


Ill.mo Presidente Palma,

abbiamo letto il suo commento su questo sito web (leggi in basso ndr), con il quale ha smentito la notizia di un possibile incarico come Capo DAP, circolata dopo l’incontro tra il Ministro Cancellieri e i vertici dell'amministrazione penitenziaria, che si è svolto qualche tempo fa a via Arenula.

Tra le righe del suo intervento, abbiamo apprezzato molto la sensibilità nei confronti delle problematiche di tutti gli operatori che lavorano in carcere e l'affermazione che qualunque intervento sulle carceri non possa prescindere da queste.

Non abbiamo alcun motivo di dubitare della sua onestà e correttezza.

Pur tuttavia volevamo approfittare di questa occasione per poterLe esprimere l’amarezza, i dubbi e il profondo senso di malessere che pervade tanti miei colleghi della Polizia Penitenziaria, di fronte al modo in cui si continuano ad affrontare i problemi che affliggono le carceri italiane.

In primis vorremmo evidenziarLe un aspetto che è prima di tutto formale e poi, di conseguenza, sostanziale.

Lei è stato nominato Presidente di una Commissione incaricata di trovare soluzioni alla cosiddetta “emergenza carceri”, ma nella stessa Commissione non è stato inserito alcun appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria.

La preghiamo, non si affretti a dire che nella Commissione ci sono esponenti di spicco dell’Amministrazione penitenziaria, perché dal DAP, ancorché rappresentati, siamo ignorati e mortificati ogni giorno.

Per noi quei vertici non possono rappresentare i bisogni della Polizia Penitenziaria né possono essere in grado di suggerire soluzioni plausibili all’emergenza carceri perché, a nostro avviso, sono in parte responsabili di quell'emergenza.

Dal punto di vista formale sarebbe bastato nominare anche un solo Commissario della Polizia Penitenziaria e la “facciata” sarebbe stata quantomeno salvata.

E' pur vero che c'era il rischio che la nomina potesse ricadere su un appartenente alla Polizia Penitenziaria di quelli che si vedono al DAP, impegnati più ad accondiscendere i dettami dall’alto che a farsi portatori delle esigenze dei loro colleghi, ma il fatto stesso di non aver voluto nemmeno salvaguardare l’aspetto formale, non può che essere considerata un’offesa e un’ulteriore messaggio di disprezzo da parte delle Istituzioni nei confronti delle migliaia di appartenenti alla Polizia Penitenziaria che in carcere ci lavorano, ci si impegnano e, me lo lasci dire, ci sputano il sangue ogni ora del giorno, ogni giorno dell’anno.

Detto questo, Le assicuriamo che il nostro non è uno sfogo personale, ma la sintesi (ci creda) molto edulcorata di come la pensiamo e per questo Le vogliamo rivolgere una richiesta: trovi Lei, per favore, il modo, l’occasione, la scusa (se serve) per inserire nella Sua Commissione una voce della Polizia Penitenziaria. Siamo l'Istituzione dello Stato che in carcere lavora più tempo di tutti, che conosce uno ad uno ogni singolo detenuto.

Non crede anche Lei sia assurdo continuare ad istituire tavole rotonde e Commissioni, per parlare di carcere, senza dare voce a chi in carcere lavora con profonda abnegazione e sacrificio come i poliziotti penitenziari ?

Non crede che il coinvolgimento diretto della Polizia penitenziaria sarebbe utile per tutti (tranne che per la dirigenza del dap che pensa solo a difendere il proprio orticello) ?

Siamo davvero stufi di lavorare tra l’incudine dei problemi delle carceri e il martello dei provvedimenti caduti dall’alto, senza un minimo di raziocinio, impartiti da chi il carcere lo amministra da comode poltrone senza mai aver, non dico risolto, ma nemmeno affontato i reali problemi.

Nella sua lunga carriera passata a cercare di risolvere i problemi delle carceri, alla quale la Presidenza di questa Commissione rende anche merito, avrà certamente avuto modo di conoscere come la burocrazia e le decisioni prese dall’alto senza conoscere minimamente le dinamiche reali, sono piuttosto di ostacolo alla corretta applicazione dei dettami della nostra Costituzione e delle riforme penitenziarie che si sono succedute negli anni.

La salutiamo cordialmente, con la convinzione che Lei ha assunto questo incarico davvero con impegno sincero, considerata l'onestà intellettuale che traspare "dall'umile gesto” di intervenire in una discussione tutto sommato secondaria come questa, invitandoLa nuovamente ad ascoltare anche “formalmente” le richieste e i consigli che possono arrivare dal Corpo di Polizia Penitenziaria.