Tortura: l’Italia ratifica il Protocollo, ma nel Cp manca la fattispecie criminosa
Ratifica ed esecuzione del Protocollo opzionale alla Convenzione delle Nazioni unite contro la tortura ed altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti fatto a New York il 18 dicembre 2002

Natalino Ronzitti (Guida al Diritto) 04 febbraio 2013
Approfondimento del 31-01-2013 - La legge di ratifica 195/2012 e il Protocollo

Esiste una molteplicità di strumenti internazionali che proibiscono la tortura. In primo luogo quelli c.d. di soft law, adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che, quantunque di per sé non giuridicamente vincolanti, hanno contribuito allo sviluppo del diritto internazionale consuetudinario in materia. Il riferimento è all’articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 (che vieta la sottoposizione a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti) e alla Dichiarazione sulla protezione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1975, il cui articolo 1 contiene anche la definizione di tortura.

Convenzioni volte a prevenire e reprimere la tortura
Esistono poi talune convenzioni internazionali a livello universale o regionale, volte a prevenire e reprimere la tortura. A livello universale, occorre distinguere tra convenzioni internazionali relative ai diritti dell’uomo, che contengono una disposizione ad hoc sulla tortura, e convenzioni espressamente dedicate a tale crimine. Quanto alle prime, il riferimento è all’articolo 7 del Patto sui diritti civili e politici del 1966; quanto alle seconde si tratta della Convenzione internazionale contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti del 1984 e del Protocollo opzionale alla Convenzione in oggetto adottato nel 2002.

Consiglio d’Europa
A livello regionale, per quanto riguarda il Consiglio d’Europa, la tortura è proibita dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, nonché dalla Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti del 1987, cui sono stati aggiunti due protocolli ambedue del 1993.

Diritto internazionale umanitario
La tortura è anche proibita dal diritto internazionale umanitario, sia in relazione ai conflitti armati interazionali (ad es. articolo 12 della III Convenzione di Ginevra del 1949; articolo 75 del I Protocollo addizionale del 1977) sia in relazione ai conflitti armati interni (articolo 3 comune alle quattro convenzioni di Ginevra del 1949; articolo 4 del II protocollo addizionale del 1977).
Infine la tortura può costituire un crimine contro l’umanità e un crimine di guerra, secondo lo statuto della Corte penale internazionale del 1988: articolo 7, par.1, lett. f; articolo 8, par. 2, lett. a (ii), lett. c (i).

La ratifica dell’Italia
L’Italia è parte contraente di tutti i trattati internazionali qui menzionati. Per quanto riguarda il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura ed ogni altro trattamento o punizione crudeli, inumani e degradanti del 2002, il Parlamento italiano ha provveduto con legge 195/2012 ad autorizzare la ratifica e ad adottare l’ordine di esecuzione. Occorre aggiungere che il divieto di tortura è ormai oggetto di una norma imperativa del diritto internazionale (o jus cogens), con la conseguenza che un accordo internazionale volto a tenere un comportamento contrario (ad es. una extraordinary rendition o consegna straordinaria di un prigioniero ad uno Stato che lo sottoponesse a tortura) sarebbe invalido.

I problemi di attuazione
Il problema principale per la Convenzione del 1984 e relativo Protocollo riguarda la loro attuazione nell’ordinamento italiano. L’articolo 1 della Convenzione del 1984 definisce la tortura come ogni atto volto ad infliggere intenzionalmente forti sofferenze fisiche o mentali ad una persona allo scopo di ottenere informazioni o confessioni o di punirla. Per definizione la tortura può essere commessa solo da un pubblico ufficiale (o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito).

L’assenza del reato di tortura
Nell’ordinamento italiano non esiste il reato di tortura. Esistono, come è stato affermato dalla dottrina più avveduta, solo “frammenti sparsi” della definizione di tortura nel codice penale (percosse, sequestro di persone, arresto illegale, lesioni, abuso di autorità contro arrestati o detenuti, etc.: Bartole, Conforti, Raimondi, Commentario alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Padova, 2001, pp. 75-76). Il legislatore ha provveduto all’adattamento alla Convenzione del 1984 mediante procedimento speciale, ovverosia con il c.d. ordine di esecuzione, che di per sé non può immettere nell’ordinamento norme non self-executing (cioè non complete nel loro contenuto, quali sono generalmente quelle penali.

Manca nel caso concreto la determinazione della pena, che, in assenza dell’introduzione del reato di tortura, deve essere necessariamente stabilita in relazione alle fattispecie penali previste nel nostro ordinamento e rilevanti nel caso di specie. Analogo discorso vale per la prescrizione del reato, da rapportare alle fattispecie criminose previste espressamente dal legislatore e che quindi risulta in genere più favorevole all’imputato, che dovrebbe invece attendere un decorso temporale più lungo se fosse introdotto il reato di tortura. La questione è stata puntualmente rilevata dalla Corte di Cassazione (V sez. pen. 2 ottobre 2012, n. 38085) in relazione ai noti fatti del G 8 di Genova (2001).

Le raccomandazioni degli organismi internazionali
A più riprese, gli organismi internazionali (non solo il Comitato contro la tortura, ma anche altri organismi di controllo, poiché la tortura è prevista come crimine da altre convenzioni, sopra menzionate, di cui l’Italia è parte contraente) hanno raccomandato al nostro paese l’introduzione del reato di tortura. Per quanto riguarda la Convenzione del 1984 l’obbligo si ricava dall’articolo 4, che impone ad ogni Parte di assicurare che “tutti gli atti di tortura siano illeciti penali” (par. 1), “passibili di pene adeguate che tengano conto della loro gravità” (par.2). Si ricava anche dall’articolo 2, par. 1, che obbliga ogni Stato parte ad adottare “misure legislative” per impedire la commissione di atti di tortura. Obbligo che è richiamato nel preambolo del Protocollo opzionale del 2002.
In Parlamento si sono susseguiti vari disegni di legge volti ad introdurre nel nostro Cp il reato di tortura. Ma l’iter non è mai stato completato. L’ultimo è il disegno di legge n. 3267 (Senato) comunicato alla Presidenza il 17 aprile 2012 e recante “Introduzione dell’articolo 613-bis del codice penale in materia di tortura”. Ma non è stato approvato nell’ultima legislatura.

Il regime di esecuzione
Anche per il Protocollo opzionale l’adeguamento è stato disposto mediante ordine di esecuzione. E’ stata aggiunta una clausola di neutralità finanziaria (art 3 della legge 195/2012), per impedire che l’acquisto della qualità di Stato parte comporti spese per l’erario. E’ da ritenere che il semplice ordine di esecuzione non sia sufficiente a predisporre l’adeguamento. Saranno necessarie altre misure, che potrebbero in linea di principio essere attuate in via regolamentare. Per quanto riguarda il Meccanismo di prevenzione nazionale, questo deve essere designato o creato entro un anno dalla data di entrata in vigore del Protocollo per l’Italia ( ovverosia 30 giorni dopo il deposito della ratifica presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite).

L’organo incaricato per assolvere i compiti del meccanismo nazionale potrebbe essere un organismo analogo alla Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani, che avrebbe dovuto essere istituita per dare esecuzione alla risoluzione 48/103 del 20 dicembre 1993 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Senato aveva approvato un testo unificato, trasmesso alla Camera il 20 luglio 2011 (atto Camera 4534), ma il relativo procedimento non è stato concluso. Si potrà designare come meccanismo nazionale di prevenzione la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani istituita presso il Senato? Il dubbio è legittimo, poiché, a parte ogni altra considerazione, la Commissione è un organismo straordinario, creato con una mozione parlamentare, che decade con la fine della legislatura e deve essere riproposto nella legislatura successiva. Il caveat disposto dall’articolo 3 della legge 195/2012, che sa tanto di spending review, induce a fare di necessità virtù.

Verso l’introduzione del reato di tortura
In conclusione, l’autorizzazione alla ratifica del Protocollo del 2002, è un fatto positivo. Si attende ora il deposito del relativo strumento (alla data del 10 dicembre 2012, l’Italia non lo aveva ancora fatto). La prossima legislatura dovrebbe essere l’occasione per dare finalmente esecuzione agli artt. 1 e. 4 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, con l’introduzione nel nostro Cp della relativa fattispecie incriminatrice, non essendo più ammissibile che l’Italia si trinceri dietro l’argomentazione secondo cui il reato di tortura, benché non espressamente previsto, è comunque punito ad altro titolo nel nostro ordinamento (vedi Annuario italiano dei diritti umani 2011, Venezia, 2011, pp. 21-22). Quanto al Protocollo opzionale, c’è un anno di tempo dopo la sua entrata in vigore per il nostro paese per provvedere a creare/designare il Meccanismo nazionale di prevenzione. A tal fine dovranno essere usate le risorse esistenti, come imposto dall’articolo 3 della legge 195/2012. Qualora ciò non fosse possibile, si dovrà provvedere con una modifica legislativa.