I DIRITTI DEI COLPEVOLI

Scritto da MICHELA MARZANO, la Repubblica Mercoledì 07 Agosto 2013

 

CHE in uno Stato di diritto le forze dell'ordine abbiano il dovere di garantire la sicurezza di tutti i cittadini e il vivere insieme collettivo è fuori discussione. Soprattutto in un periodo di crisi non solo economica ma anche sociale e morale come la nostra, un'epoca in cui i crimini e i delitti contro le persone non cessano di aumentare e la cronaca è scandita quasi quotidianamente da fatti di sangue. È possibile però che queste stesse forze dell'ordine non siano poi in grado di garantire anche l'incolumità dei presunti colpevoli?

Come si spiegano gli incidenti che si sono verificati in questi ultimi anni durante l'arresto o l'incarcerazione di alcuni detenuti? È possibile che, in nome del diritto alla sicurezza dei cittadini, alcune persone perdano automaticamente i propri diritti?
«Al di là di quello che ha commesso un soggetto, la vita è sacra», ha affermato ieri il Procuratore di Sanremo, Roberto Cavallone, commentando i risultati dell'autopsia del giovane tunisino morto in giugno a Santo Stefano al Mare, poco dopo essere stato fermato e portato in una caserma dei carabinieri. Era stato bloccato mentre spacciava in una piazza di Riva Ligure e, dopo aver tentato di fuggire, aveva resistito all'arresto. Il che spiegherebbe la colluttazione violenta con i carabinieri e il fatto che l'uomo sia stato poi schiacciato a terra. Spiegherebbe, ma non giustificherebbe: perché si trattava di un essere umano. Colpevole, molto probabilmente; clandestino, quasi sicuramente: ma non per questo privato di ogni diritto.
Talvolta sembra installarsi, anche in un paese come l'Italia che fa della difesa dei diritti umani una delle proprie bandiere, una sorta di "doppia morale": da un lato, ci sarebbero tutti coloro che meritano rispetto e protezione; dall'altro lato chi, infrangendo la legge, diventerebbe automaticamente meno degno di rispetto. Una "doppia morale" che finisce poi con il contraddire le premesse stesse che fondano il vivere-insieme collettivo. Come si può difendere uno Stato di diritto quando i princìpi stessi del diritto vengono cancellati? Come si può anche solo immaginare di essere garanti della civiltà quando si calpestano i diritti di chi, non rispettando le regole deve certo assumersi la responsabilità dei propri gesti, ma non per questo può poi essere trattato senza precauzione?
Parlando delle difficoltà che incontrano i medici quando si trovano di fronte ad un paziente, il filosofo francese Georges Canguilhem spiegava che il solo modo per prendersi cura di un malato è "curare tremando". Quando si ha a che fare con la vita umana, infatti, le certezze vengono meno, e si può solo cercare di compiere il "male minore". Mutatis mutandis, si potrebbe dire che anche le forze dell'ordine dovrebbero imparare a garantire la sicurezza e l'incolumità dei cittadini "tremando". Senza quindi mai dimenticarsi che, dietro ad ogni crimine ed ogni delitto, c'è sempre un essere umano.
Deve essere estremamente complicato far rispettare la legge e proteggere la sicurezza dei cittadini. Talvolta deve essere drammatico farlo, sapendo che può succedere qualunque cosa non appena si abbassa la guardia. Ma si dovrebbe farlo sempre sapendo che la giustizia, per definizione, non è vendicativa e che la protezione degli uni, non implica mai il non-rispetto degli altri. Come ha spiegato più volte Albert Camus parlando della barbarie della tortura, non si può voler difendere la civiltà quando ci si comporta in modo incivile. Si rischia di fare esattamente come coloro da cui ci si vorrebbe difendere.