Andrea Pugiotto *

L'Europa aspetta risposte

La Stampa, 4 dicembre 2013

L'Italia è condannata a risolvere «senza indugio» il suo endemico sovraffollamento carcerario entro il 28 maggio 2014: la scadenza, impostaci dalla Corte europea dei diritti, chiede conto della persistente svogliatezza legislativa in tema («vedremo, faremo...»). Eppure siamo stati condannati, all'unanimità, per violazione dell'art. 3 della Convenzione europea dei diritti (divieto di tortura), tra le sue poche norme che mai possono essere sospese o derogate.

E se invece indugiassimo? Pagheremmo prezzi fuori mercato per la nostra vergognosa inadempienza. Quel termine ultimo cade a ridosso delle elezioni parlamentari europee e del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea: arrivarci con lo stigma del Paese che tortura i propri detenuti e non adempie al giudicato della Corte dei diritti sarebbe inaudito. Verrebbero accolti i ricorsi pendenti a Strasburgo (circa 2.800) e quelli che verranno, copiosi, dai troppi detenuti stipati in celle piene fino all'inverosimile.

Condannata, l'Italia pagherà loro un ristoro economico che, complessivamente, ammonterà a una manovra correttiva di bilancio. Il nostro contenzioso per sovraffollamento carcerario ingolferà la Corte europea, trasformandola in un giudice di ultima istanza per un sistema giuridico - il nostro incapace di proteggere internamente i diritti umani. E quando l'Italia chiederà l'estradizione di chiunque, la richiesta verrà respinta, come si fa con gli "Stati-canaglia" dove l'estradando rischia di subire trattamenti crudeli e disumani. Le Camere, dunque, non sono chiamate a un esercizio di buonismo legislativo, ma a risolvere un problema di legalità.

In questa direzione va l'ignorato messaggio presidenziale alle Camere e la recente sentenza costituzionale n.279 in tema di sovraffollamento carcerario. Entrambi indicano in un atto di clemenza generale lo strumento per adempiere in tempo al giudicato europeo e per rispettare il disegno costituzionale della pena. Ci si muova, allora. Serve un'apposita sessione parlamentare che, finalmente, discuta il messaggio del Quirinale e definisca il cronoprogramma delle necessarie riforme, coordinandole efficacemente. A partire da una legge di amnistia e indulto per il passato, coerente con la legalità che vogliamo per il futuro.

Una clemenza oramai necessaria, condizione prima per una serie serrata di riforme strutturali. Pacta sunt servanda, ci ammonisce severamente il Consiglio d'Europa. Onorare gli impegni presi non è più una scelta politica, ma un obbligo costituzionale.

*Ordinario di Diritto costituzionale