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Fabio FIORENTIN

14/12/09
Sanzione disciplinare dell'isolamento: illegittimo disattivare la tv | Mag. Sorv. Milano, ord., 14 dicembre 2009, est. Fadda

Il provvedimento che si sottopone all'attenzione del Lettore costituisce un interessante applicazione della giurisdizione esclusiva del magistrato di sorveglianza in materia di violazione dei diritti dei detenuti in conseguenza di atti o comportamenti dell'amministrazione penitenziaria. Tale giurisdizione, che si esercita nei limiti stabiliti dall'art. 5 della L. 2248 del 1865, all. E, consente soltanto la disapplicazione da parte del giudice ordinario degli atti amministrativi contrari alla legge, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di conformarsi alle eventuali disposizioni impartite dall’ A.G. “il cui carattere vincolante è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue” ( Corte Costituzionale 266/’09). Nel caso sottoposto alla valutazione giudiziale, il magistrato di sorveglianza - con una decisione ampiamente motivata - ha ritenuto che la disattivazione dell'apparecchio TV e il divieto di acquisto di generi vittuari imposto al detenuto sottoposto alla sanzione disciplinare dell'isolamento non fossero stati adeguatamente motivati in riferimento alle ragioni di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza che avrebbero giustificato le dette restrizioni. (f.f.).

Dato atto, che come è noto, il controllo del Magistrato di Sorveglianza in tema di reclamo ex art. 69 O.P. avverso le sanzioni disciplinari e più in generale in tema di potere disciplinare esercitato dalla Direzione del carcere, è di natura essenzialmente formale, potendosi esercitare il solo esame di legittimità sul provvedimento adottato dall’Amministrazione Penitenziaria secondo i limiti di cui all’art. 69 O.P. .
Considerato inoltre che, anche in caso di eventuale accoglimento del reclamo, può essere dichiarata soltanto la illegittimità della sanzione inflitta, ma non può essere disposto l’annullamento dell’atto in questione dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 5 L. 20.3.’1865 n. 2248 allegato E che consente soltanto la disapplicazione da parte del giudice ordinario degli atti amministrativi contrari alla legge, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di conformarsi alle eventuali disposizioni impartite dall’ A.G. “il cui carattere vincolante è intrinseco alle finalità di tutela che la norma stessa persegue” ( Corte Costituzionale 266/’09).
Peraltro nel caso di specie, non viene contestata la regolarità formale del procedimento amministrativo, ma le modalità con cui il potere disciplinare dell’Amministrazione si è in concreto estrinsecato, nell’applicare la sanzione e dunque delle “condizioni di esercizio” del potere disciplinare ex art. 69 c. 6 O.P. 
Deve dunque valutarsi se la disattivazione del televisore e il divieto di acquisti al sopravitto, rappresentino o meno modalità legittime di applicazione della sanzione o invece integrino la fattispecie di vizio dell’atto amministrativo che viene nominata “eccesso di potere”, in quanto imporrebbe un sacrificio eccessivo alle posizioni soggettive del detenuto non motivate da esigenze di ordine e sicurezza pubblica dell’Istituto e dell’ordinata esecuzione della pena.
Tale posizione soggettiva del detenuto appare tutelabile in questa sede, conformemente sia ai principi dell’ordinamento interno sia Costituzionale (art. 27 comma 3) che legislativo (L. 354/’75) che a quello europeo (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Trattato di Lisbona), che riconoscono nel detenuto un “soggetto debole” destinatario di norme di salvaguardia della sfera di facoltà personali , qualora le modalità di esecuzione della pena non siano conformi agli standard minimi che assicurino il rispetto della dignità della persona. Del resto, già la sentenza della Corte Costituzionale 26/’99, imponeva che venisse assicurata la tutela giurisdizionale sia ai diritti di rango costituzionale , che alle posizioni soggettive che trovano il loro fondamento in norme giuridiche di grado sottordinato. 
Appare dunque opportuno, preliminarmente, inquadrare le caratteristiche stesse della sanzione disciplinare qui in esame.
Osservato, ancora che all’interno del corpo di norme che costituisce l’ordinamento penitenziario, oltre a quelle che regolano il trattamento, ve sono altre relative al cd “regime penitenziario” che stabiliscono le regole di condotta per detenuti e internati, il cui rispetto è presupposto per il mantenimento dell’ordine e della disciplina interna che, a sua volta, è funzionale all’attuazione delle finalità tratta mentali tipiche della detenzione (art. 2 O.P.). In considerazione di tali finalità, l’isolamento di un detenuto dagli altri reclusi, non può e che essere considerato eccezionale, tanto che, all’interno del sistema normativo, viene compiutamente disciplinato dal legislatore sia in ordine ai presupposti applicativi, che sono di carattere tassativo, (art. 73 O.P.), sia in ordine alle modalità applicative dello stesso. 
Tali principi hanno valore anche per il regime derogatorio delle ordinarie regole di trattamento di cui all’art. 41bis OP, in cui è inserito il reclamante, che, seppure funzionali ad evitare contatti con esponenti della medesima o di altre organizzazioni criminali, non potrebbe prevedere, come regola organizzativa ordinaria, l’isolamento continuo dei detenuti cui il regime stesso è applicato.